martedì 27 marzo 2012

io si e tu no

il porco dio rimbomba nell'aere, ho scritto per un'ora un post lunghissimo e per qualche ignota ragione il mio account ha deciso di disconnettersi..ergo..tutto perduto; non ho la minima intenzione di riscrivere, tantomeno di arrovellarmi il cervello nel tentativo di ricordare frasi e concetti; sarò breve, diretta, chirurgica.

Dopo aver suonato per lungo tempo giusto per piacere personale, ho iniziato a riflettere ( anche su condizionamento del koboy) alla possibilità di incidere un album.
Stupidamente ho a lungo creduto che il produrre buona musica e ottenere un briciolo di rispetto, sarebbe stato sufficiente a procurarmi qualche serata, non molte, quel giusto numero che mi avrebbe permesso il pagamento di un paio di bollette; i freeparty danno una bella sensazione, l'ambiente è certo di gran lunga migliore di un qualsiasi club, locale o luogo chiuso ed a pagamento qualsiasi, ma coi party non si campa e vedendo quale fauna li popola ultimamente l'entusiasmo ha ceduto il posto a una lieve nausea; lieve, che vi sono pur sempre i vecchi fedeli amici e manciate sparse di ottimi soggetti che sarebbe un delitto non conoscere, ma poi incappi in qualche ragazzino troppo convinto di essere in un video di snoop dog o magari una pivella figa di legno costretta a muoversi in brevi scatti per non far crollare l'impalcatura di braccialetti barra collanine barra magliettinearetepantacollantzebratifuxiasottoaipantacollantneripienidibuchisottoaijeansstrappati
barra berrettinomessoaquarantacinquegradimadallatodestrocheèilmiolatomigliore..e li la nausea ritorna a farsi sentire.
Sono stata bizzarramente ingenua a non comprendere subito che se sei una dj-producer donna e pretendi un certo riconoscimento, devi iscriverti al prestigioso club dei bagascioni sonori,con tanto di rito iniziatico che consiste nel:
-farsi applicare un numero imprecisato di dread plasticosi al cuoio capelluto.
-spendere non meno di 500 euro in sarouels, pantacollant obbligatoriamente zebrati-leopardati dai colori più improbabili, canottiere traforate-trasparenti, bomberini rigorosamente sopra l'ombelico, canotte dei lakers rubate ai bambini dell'asilo, tutto nel tentativo di assumere un look da donna di strada incredibilmente sexy.
-prendere parte a un infinito set fotografico con l'obbligo di postarlo per intero su facebook.
Tutto ciò normalmente assicura alla fanciulla sufficiente attenzione da permetterle di apparire anche come nome di testa in una line up composta da dj dall'esperienza decennale.
Il problema è che odio i dread finti, coi bomberini sopra l'ombelico prendo freddo e i set fotografici lunghi e finto professionistici mi irritano.
Mi sono informata sui costi di un autoproduzione, decisamente troppo alti, successivamente su alcune label; questo è ciò che ho appreso dalla mia ricerca:
-gli italiani non si sostengono tra loro, avere un francese che suona hardtek, un inglese che produce drum'n'bass, un dj trance lituano fa molto più cool.
-la breakbeat spaventa e disorienta, nessuno sembra in grado di riconoscerne lo status di genere musicale autonomo e viene inglobata nella house, nella trance o nella goa.
- coloro che gestiscono una label godono nel farti attendere il più possibile una risposta che potrebbero darti nel giro di un'ora, questo nella speranza di assumere agli occhi altrui un'immagine da uomini impegnati e veri professionisti che non devono chiedere mai.
In ogni caso passata una settimana, sono stata contattata da due etichette, una inglese e una canadese, quest'ultima sembra addirittura interessata a propormi la collaborazione ad un album triphop...attendiamo sviluppi...

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